Il diritto alla portabilità è un punto nevralgico del rapporto tra cloud provider e utente del servizio, e investe uno dei nodi pratici della governance delle informazioni che l’utente condivide sul cloud. PRIMA PARTE

PRIMA PARTE

Si tratta della possibilità di migrare informazioni e dati da un ambiente cloud a un altro, evitando il cosiddetto “vendor lock-in”, cioè il rimanere legati allo stesso provider vita natural durante perché troppo complicato cambiare il rapporto.

Per avere l’effettivo controllo delle informazioni che gestisce, il cliente dovrebbe conoscere molto bene le modalità di rescissione dai servizi cloud che sottoscrive e dovrebbe poter  migrare le informazioni in modo semplice, sicuro e senza problemi tecnici, conoscendo modalità e tempistiche di uscita dal servizio di cloud. In sostanza, dovrebbe poter effettuare in autonomia tutta l’operazione di migrazione.

A livello normativo, su input della Commissione Europea, il riferimento è il Codice dei servizi cloud, che declina, per tutti coloro che vi aderiscono, obblighi e raccomandazioni che riguardano l’attuazione concreta del principio di portabilità, ma anche dell’interoperabilità, della trasparenza informativa e di tutte le obbligazioni da introdurre nel cloud service agreement – il contratto di servizi che sottoscriviamo per ottenere servizi di cloud.

L’adesione al Codice non sostituisce il cloud service agreement tra fornitore e cliente. Solo con quest’ultimo contratto vengono definite le modalità attraverso cui verranno poi effettivamente erogati i servizi.

Approfondiremo, in un secondo contributo [vai al link], le modalità di trattamento delle informazioni personali.

Maria Roberta Perugini
Avvocata, diritto e nuove tecnologie – Studio legale MRPerugini – Co-founder IUSINTECH